Figura 1 Quadro d'insieme dei parchi Nazionali e Regionali (Foto Sito Parco Nazionale dell’Appennino tosco-emiliano )
Figura 2 Alpe di succiso, Veduta degli strati Arenacei, la base di ogni strato arenaceo è l’espressione dell’arrivo di una corrente di torbida. Anche in queste arenarie sono visibili le deformazioni legate alla formazione dell’Appennino. Generalmente le arenarie formano dei versanti ricoperti da vegetazione, ma nel caso della foto le pendenze sono tali che abbiamo estesi affioramenti di arenarie “messe a nudo” (Foto dall’archivio ZIS)
Figura 3 Carta geologica dell'Appennino tosco-emiliano. (1) Depositi continentali e subordinatamente marini Pleistocene superire - Olocene. (2) Depositi fluvio – lacustri. Pliocene medio –pleistocene medio. (3) Depositi terrigeni prevalentemente marini. Pliocene inferiore – Pleistocene inferiore. (4) Depositi terrigeni marini del versante tirrenico. Pliocene. (5) Depositi lacustri e marini con evaporati del tirrenico. Messiniano Pliocenen inferiore. (6) Depositi evaporitit e ipoialini (formazione gessoso-solfifera) del versante padano. Messiniano. (7) Unità epiliguri Eocene superiore – Miocene. (8) Unità liguri giurassico Oligocene. (9) Unità Umbro romagnolo e Marchigiano adriatica. Triass superiore Miocene superiore (10) Unità Cervarola Falterona. Creataceo superiore Miocene medio (11) Falda Toscana. Trias sup. Miocene inf. (12) Unità toscane metamorfiche Trias Oligocene sup. (13) Roccemagmatiche effusive Miocene-Olocene (14) Rocce magmatiche intrusive. Miocene Pliocene. (schema estratto da Guide Geologiche regionali: Appennino tosco – emiliano)
La messa in posto del dominio Toscano inizia con la deposizione triassica, prima continentale e poi di mare sottile, seguita da depositi evaporitici. In seguito il continente ercinico viene completamente sommerso, non abbiamo più gli apporti terrigeni; nel Giurassico si instaura una piattaforma carbonatica che si approfondisce progressivamente. In ambiente più profondo si depongono dal Lias al Cretaceo inferiore i sedimenti pelagici calcareo-silicei. Nel dominio Toscano in questo periodo è possibile riconoscere una serie di dorsali e bacini più o meno paralleli al margine continentale supposto. Nel Cretaceo abbiamo una deposizione terrigena argilloso-carbonatica. L'inizio della deposizione detritica coincide con la tettonica compressiva che nell'Eocene portano alla chiusura dell'oceano Ligure-piemontese. In tempi molto posteriori, ovvero nell'Oligocene la deposizione evolve verso elementi torbiditici-silicoclastici.
Figura 4 Schema evolutivo dell'Appennino settentrinale dal Creaceo superiore al Miocene inferiore. (schema estratto da Guide Geologiche regionali: Appennino tosco – emiliano)
L'Appennino Settentrionale è una catena orogenica complessa che si forma a partire dal Cretaceo superiore in seguito alla chiusura dell'oceano Ligure-piemontese ed alla collisione della placca europea (Corso-Sarda) con quella adriatica (Adria). Nella storia tettogenetica possiamo distinguere una fase oceanica ed una intracontinentale. La fase oceanica incomincia nell’ Cretaceo inferiore e termina nell’Eocene medio con la completa chiusura dell’oceano Ligure-piemontese. Nell’ Eocene medio-superiore ha inizio la fase intercontinentale, che si sviluppa a seguito della collisione tra blocco Europeo (Sardo Corso) e Adria. In questa fase il fronte compressivo migra verso E, ed è seguito a partire dal Miocene da un fronte distensivo, legato alla distensione che conduce all’apertura del Tirreno. Attualmente i due regimi coesistono in due face contigue della catena Appenninica: nel versante Tirrenico è attivo il regime distensivo, mentre in quello adriatico quello complessivo.
Figura 5 Carta degli epicentri dei terremoti storici dall’anno (1000 al 1980) di parte dell’Appennino settentrionale (schema estratto da Guide Geologiche regionali: Appennino tosco – emiliano)
La sismicità è rappresentata da un numero limitato di ipocentri a bassa intensità e con ipocentri poco profondi, fanno eccezione gli eventi del Ferrarese e soprattutto di Ferrara lungo la dorsale dell’omonima struttura, dove i terremoti di alcuni eventi (1467, 1570, 1624, 1787) hanno raggiunto un’intensità del VIII – IX MCS (scala Mercalli Cancani e Sieberg) corrispondenti a valori di 5.2 e 5.7. Anche i terremoti storici lungo la fascia pedeappenninica.
Le forme del paesaggio che si osservano sono il risultato di un a serie di processi che modellano i corpi rocciosi. Le forme erosive hanno incominciato ad operare sul paesaggio quando la catena Appenninica ha assunto la sua posizione originaria, nettamente più occidentale rispetto quella attuale. Le principali forme de posizionali presenti sono le pianure intermontane in alcuni casi terrazzate.
Per quanto riguarda i fenomeni carsici, contrariamente a quanto accade in Appennino centrale e meridionale, i fenomeni carsici sia ipogei che epigei sono poco diffusi nell’Appennino Settentrionale, questo perché scarseggiano gli affioramenti di litotipi carbonatici. L’unica area in cui troviamo un vero e proprio carsismo è quella dei Monti della Calvana (Prato). Per quanto riguarda le aree gessose triassiche dell’alta valle del Secchia (Reggio Emilia) e quelle messiniane, le cui emergenze maggiori si trovano nel Bolognese e nel Faentino. Tutte le aree gessose hanno seguito la medesima evoluzione morfologica, anche se si tratta di formazioni con età differente, queste infatti hanno subito una evoluzione inversa del rilievo, che le ha portate ad essere preminenti nell’area rispetto alle altre limitrofe. Infatti tutte le altre formazioni permeabili limitrofe non permeabili sono state sottoposte a fenomeni di ruscellamento.
Il paesaggio carsico a grande scala è dominato dalla presenza di grandi valli cieche, nelle formazioni permeabili a valle dei gessi , e sulla sommità di questi vaste doline, più grandi nei gessi messiniani ove raggiungono diametri di 500 metri per profondità di 100.
Figura 6 Pietra di Bismantova dettaglio (Foto dall’archivio ZIS)
La pietra è costituita da una arenaria calcarea giallognola depostasi sopra un livello di marne, il tutto originatosi come fondale marino nel periodo miocenico. Vi sono contenuti resti fossilizzati come gusci di molluschi e altri animali tipici di un ambiente con clima tropicale.
La successiva fessurazione e frammentazione della formazione arenacea, seguita da erosione, ha lasciato intatta la porzione di lastra visibile attualmente, lunga 1 km, larga 240 metri e alta 300 metri rispetto alla pianura circostante. La sommità della Pietra raggiunge i 1047 metri sul livello del mare.
Figura 7 Assetto geologico attuale della pietra di Bismantova, le bancate arenacee sormontano le marne e le argille. (schema estratto dal sito http://members.fortunecity.it/pietradibismantova/html/geologia.html)
La Pietra di Bismantova venne scalata da Dante che la cita nella Divina Commedia, e probabilmente lo ispirò nella descrizione del Monte del Purgatorio.
Figura 8 Pietra di Bismantova
« Vassi in Sanleo e discendesi in Noli,
montasi su Bismantova in cacume
con esso i piè; ma qui convien ch’om voli;
dico con l'ale snelle e con le piume
del gran disio, di retro a quel condotto
che speranza mi dava e facea lume »
(Dante, Purgatorio, canto IV, vv.25-30)
Guide Geologiche regionali: Appennino tosco - emiliano
http://members.fortunecity.it/pietradibismantova/html/geologia.html
http://it.wikipedia.org/wiki/Pietra_di_Bismantova