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Il DISTRETTO VULCANICO SABATINO E CIMINO - VICANO: I LAGHI DI BRACCIANO E VICO

Arata Alessandro, Cianfanelli Valentina - Note geologiche ed idrogeologiche del : DISTRETTO VULCANICO SABATINO E CIMINO - VICANO: I LAGHI DI BRACCIANO E VICO

 

Carta geologica: Carta Geologica d’Italia in scala 1:100.000 foglio 143 Bracciano.

 http://www.apat.gov.it/Media/carta_geologica_italia/tavoletta.asp?foglio=143

 

Curiosità e video interattivo della formazione del lago nel sito:

http://www.parcobracciano.it/geologia.php?op=2

 

 

Assetto Geologico

Il distretto vulcanico Sabatino inizia la sua attività più di 600.000 anni fa, contemporaneamente agli altri distretti alcalino-potassici del Lazio (Vulsino, Vulcano Laziale) con apparati vulcanici che si edificano su una vasta area pianeggiante occupata da sedimenti argilloso-sabbiosi del Plio-Pleistocene.

L’attività vulcanica è di natura esplosiva fin dalle prime fasi, determinata dall’interazione del magma in risalita con gli acquiferi regionali profondi. A ridosso del M.te Soratte si edifica il primo centro vulcanico, detto di Morlupo-Castelnuovo di Porto, a cui appartiene la maggior parte dei depositi affioranti nella zona più orientale del distretto ed oggi giorno non più riconoscibile perché sepolti dai prodotti più recenti.

Durante l’edificazione di questo centro l’attività inizia anche più ad W, dove sorge l’edificio di Sacrofano, poco ad E della dorsale di Baccano-Cesano (piccola dorsale sedimentaria meso-cenozoica oggi sepolta sotto circa 200 m di copertura vulcanica) che allora doveva trovarsi ancora a quote più elevate. Questo edificio è forse tra i più importanti del distretto Sabatino, sia perché fu attivo durante un lungo periodo di tempo compreso tra 600.000 e 370.000 anni fa, sia per il volume di materiale eruttato (fino a 30-40 km dal punto di emissione, interessa gran parte dell’attuale area a N di Roma).

Intorno a 400.000 anni fa il centro di Sacrofano ebbe una fase di attività parossistica con emissione di ingenti volumi di prodotti di ricaduta, sia dall’edificio centrale sia da coni di scorie periferici ed effusioni laviche secondarie. Tutti i prodotti eruttati durante questa fase hanno un chimismo a forte componente potassica. Durante lo stesso intervallo di tempo l’attività vulcanica è presente anche in tutti gli altri settori del distretto vulcanico. A N e S dell’attuale lago di Bracciano cospicue colate di lava furono emesse  in parte da fratture a carattere regionale in parte da coni di scorie allineati lungo le stesse. In un tempo molto breve, stimato tra i 400.000 ed i 300.000-250.000 anni, fu emesso circa il 15% in volume di materiali eruttati durante l’intera attività del distretto Sabatino. Attualmente si crede che questo parossismo sia legato agli effetti di massimo stress della tettonica distensiva che in quel periodo controllava l’evoluzione del margine tirrenico italiano: l’attività delle faglie regionali e l’ingente svuotamento delle camere magmatiche causarono il collasso vulcano-tettonico della conca del lago di Bracciano e lo sprofondamento di più di 200 m dell’alto strutturale di Baccano-Cesano. La fase parossistica fu accompagnata anche da dall’emissione (sin e post collasso della conca) di colate piroclastiche da centri e da fratture intorno all’area di Bracciano e si concluse con intensi episodi esplosivi di natura idromagmatica. Dopo l’emissione della I colata piroclastica, infatti, Sacrofano entra in una fase stromboliana emettendo soprattutto piroclastiti di ricaduta e modeste colate di lava, per lo più leucititica, da piccoli coni di scorie localizzati sui fianchi ed alla periferia dell’edificio principale. L’esaurirsi di questa fase di elevata intensità eruttiva comporta un radicale cambiamento nel tipo di attività di Sacrofano. L’abbassamento del livello del magma nel condotto e l’alterazione degli equilibri idrostatici, dovuti anche all’instabilità tettonica del momento, provocano il repentino crollo delle pareti del condotto individuando le prime linee di debolezza che in seguito definiranno lo sprofondamento calderico. La fatturazione degli acquiferi principali provoca una veloce e abbondante mobilizzazione dell’acqua che può così entrare in contatto con il magma, rendendo idromagmatico il carattere eruttivo del vulcano.

Circa 370.000 anni fa, dopo la fase parossistica, il centro entra nel suo stadio finale di attività. A chiusura di violenti episodi idromagmatici durante i quali fu emessa la II colata piroclastica a chimismo trachitico avviene il collasso della parte terminale dell’edificio, con formazione di una ampia caldera delimitata da una bassa cinta. Estinto il centro di attività di Sacrofano, l’attività vulcanica del distretto prosegue limitatamente nel settore orientale assumendo un carattere idromagmatico. In rapida successione sorgono gli anelli di tufo di M.te Razzano e M.te Sant’Angelo e il complesso centro di Baccano la cui attività termina intorno a 400.000 anni fa. Gli ultimi episodi eruttivi, ancora nel settore orientale, provengono dai centri di Martignano, Stracciacappa e Le Case.  

 

L’attività del distretto Cimino è compresa tra 1.35 milioni e 800.000 anni fa. Durante questo intervallo di tempo si ebbe la risalita lungo fratture a carattere regionale di magmi viscoso acidi che in superficie formarono domi e cupole di ristagno. L’evoluzione dei domi (attualmente sono riconoscibili più di 50 rilievi collinari che presentano una morfologia subconica con pendii abbastanza ripidi) fu accompagnata da violente fasi esplosive che determinarono la messa in posto del vasto plateau ignimbritico dell’area cimina. Il distretto termina la propria attività con l’emissione di lave latitiche ed olivinlatitiche in espandimenti vasti anche 10 km.

Il distretto Vicano fu attivo tra 800.000 e 95.000 anni fa e si sviluppa principalmente attorno ad un edificio centrale, il vulcano di Vico, dalla tipica forma di stratovulcano con la parte terminale troncata da una caldera eccentrica verso S. Dal fondo della caldera si innalza un edificio secondario, il vulcano di M.te Venere. Vico ha avuto un’attività essenzialmente esplosiva e con chimismo alcalino-potassico, distinta in quattro fasi principali con un massimo parossistico intorno a 150.000 anni fa. La prima fase va da 800.000 a 400.000 anni fa ed è caratterizzata dal succedersi di colate laviche ed esplosioni pliniane, la seconda termina 200.000 anni fa e porta all’edificazione dell’edificio centrale. La terza fase compresa tra 200.000 e 150.000 anno fa vede una ripresa dell’attività esplosiva di tipo pliniano, con la messa in posto delle maggiori colate piroclastiche ( ignimbriti ) e che termina con il collasso dell’edificio e la formazione della caldera. Tra 150.000 e 95.000 anni fa, a causa della presenza di un bacino lacustre all’interno della caldera, si verifica un drastico cambiamento delle condizioni eruttive che divengono di tipo idromagmatico. L’attività del vulcano di Vico si conclude con l’edificazione di M.te Venere nel settore NE della caldera. Il paesaggio morfologico su cui si edifica il distretto è quello di una vasta area pianeggiante costituita dai depositi argillosi del Plio-Pleistocene, interrotta dalla dorsale di M.te Razzano a NW dell’edificio centrale costituita da sedimenti flyschoidi. Sedimenti di analoga natura costituiscono anche il substrato del vulcano.

 

Idrogeologia    

 

Il comprensorio Sabatino fa parte di un’unica estesa idrostruttura che comprende anche i monti Vulsini e Cimini. Le caratteristiche idrogeologiche dell’area sono quelle tipiche degli acquiferi vulcanici la cui struttura è formata da una successione di prodotti esplosivi e di colate laviche. Alcuni di questi terreni presentano elevata permeabilità e substrato impermeabile, caratteristiche che consentono di ospitare una falda al loro interno. La superficie di falda può essere libera di oscillare oppure può essere costretta tra due strati impermeabili e quindi scorrere in pressione. Il drenaggio è radiale centrifugo rispetto al lago di Bracciano nella parte esterna della caldera e centripeto in quella interna. Molti torrenti nel tempo hanno eroso la superficie formando valli incassate ed intercettando la falda acquifera: la zona è infatti caratterizzata, in particolar modo a NW e NE da sorgenti lineari, cioè interi tratti lungo i quali l’acqua sorgiva che sgorga dal fondo dell’alveo va ad alimentare il corso d’acqua.

Molto frequentemente le acque di sorgente possiedono una elevata temperatura e mineralizzazione, testimoni della presenza di una attività vulcanica che non si è ancora del tutto estinta.

Entrambi i laghi hanno uno scarso ricambio ( e dunque rinnovo) delle acque a causa della mancanza di un emissario perenne, dunque risultano molto sensibili alle problematiche connesse con l’inquinamento dei corpi idrici superficiali e degli acquiferi ad essi correlati: in particolare si hanno fenomeni di eutrofizzazione e le acque risultano, in maniera anomala, ricche in fosforo che limita i processi eutrofici e che è largamente usato nei fertilizzanti. 

A causa del lieve incremento delle temperature e del trend negativo della piovosità riscontrato nelle indagini si ipotizza che in futuro vi possa essere una diminuzione delle risorse idriche ed un aumento di eventi estremi sia siccitosi che di piovosità. Risulta inoltre una grave carenza di stazioni di misura.   

 

Figura 1 Lago di Martignano veduta dalla strada che parte dal parcheggio foto di Carmine Allocca

 

Stratigrafia: alla base formazioni sedimentarie pre-plioceniche (Flysch), coperti da argille e sabbie del Pliocene, argille sabbie e conglomerati del Quaternario, vulcaniti acide e basiche ed infine da alluvioni e depositi costieri recenti ed attuali.

(Il basamento della serie è quello evaporitico e calcareo della serie pre-rottura di piattaforma )

Acquiferi:

Flysch – elementi lapidei localmente permeabili per fessurazione ma contenuti in marne argillose, formano poche sorgenti con scarsa e variabile portata. Acquifugo. LIVELLO IDROGEOLOGICO DI BASE.

Sabbie e conglomerati – circolazione idrica diffusa ma con bassa permeabilità, ne conseguono portate molto modeste di sorgenti e pozzi. (Acquicludo).

Tufi incoerenti – permeabili per porosità.

Tufi lapidei e colate basiche – permeabili per fratturazione. La permeabilità è molto variabile in base al grado di fratturazione che risulta maggiore allontanandosi dal centro di emissione a causa di processi di raffreddamento più veloci. (Acquifugo).

A seconda degli spessori dei singoli livelli delle formazioni le sorgenti ed i pozzi possono avere portata da qualche l/s a 100 l/s.

            Alluvioni recenti – permeabili per porosità, notevoli e frequenti variazioni laterali e verticali delle caratteristiche idrogeologiche. Portate variabili dei pozzi ( max 5 l/s ).

 

BRACCIANO

Figura 2  Lago di Bracciano foto di Carmine Allocca

 

Il lago di Bracciano è esteso per 57 km2 ed ha una profondità di 160 m. Il bacino idrografico, esteso per circa 91 km2 ed impostato sulle vulcaniti sabatine, è solcato da corsi d’acqua non perenni, alimentati esclusivamente dalle acque di ruscellamento. L’emissario naturale del lago è l’Arrone che in passato presentava una portata superiore al m3/s esauritasi a causa delle opere di deviazione effettuate negli anni ’60 per l’acquedotto Paolo. Il bacino idrogeologico misura circa 110 km2 incluso l’intero bacino idrografico. Il bacino sotterraneo di alimentazione è costituito da vulcaniti permeabili per porosità e per fessurazione che localmente possono determinare l’esistenza di falde sospese di limitata estensione e potenzialità. La circolazione idrica è dunque generalmente distribuita in più orizzonti in comunicazione idraulica tra loro. Si rinvengono più falde in pressione sovrapposte con potenzialità diverse. È difficile l’individuazione di falde estese e la delimitazione di una falda di base.

Generalmente le sorgenti sgorgano in corrispondenza di colate laviche basiche, di livelli di tufi e al contatto tra serie vulcanica e la sottostante serie sedimentaria. Le sorgenti che si rilevano nell’area hanno portate variabili da meno di 1/10 di l/s ad un massimo di qualche centinaio di l/s.

Uno spartiacque è posto a N in corrispondenza dei rilievi ( max 612 m ) in cui le acque che si infiltrano determinano, oltre ad una serie di falde sospese, una falda profonda con spartiacque più o meno corrispondente con quello superficiale.

Zona Occidentale: il bacino imbrifero è piccolo e con forti pendenze, a causa della presenza a scarsa profondità di orizzonti impermeabili si ha una falda superficiale drenata da colate laviche e orizzonti permeabili dai quali emergono sorgenti sia sui versanti del lago che su quelli verso NW.

La potenzialità idrica sotterranea è fortemente ridotta a causa del ruscellamento superficiale che alimenta il Mignone ed il F.so della Mola. Il livello della falda di base arriva max a 200 m s.l.m. .

Zona Meridionale e fascia costiera: in questa zona l’elevato spessore di materiali vulcanici permeabili che poggiano sulle argille ( a quote inferiori del livello del lago ) determinano una falda molto potente. I rilievi a S del lago assorbono acqua che in parte alimenta le falde sospese ed in parte la falda di base. Nelle incisioni vallive l’affioramento del contatto fra i due tipi di successione genera la formazione di sorgenti che drenano ed impoveriscono la falda di base.

Allontanandosi dal lago lo spessore dei prodotti piroclastici diminuisce e si riduce la potenzialità della falda. In questa zona la circolazione idrica è più profonda ed avviene nei livelli sabbioso-ghiaiosi della serie quaternaria. La falda risulta alimentata da una modesta filtrazione degli strati sovrastanti e da quella laterale di Bracciano, nonostante la presenza sul fondo di depositi limosi poco permeabili.

La zona costiera è caratterizzata da falde sospese a scarsa permeabilità e modesta potenzialità idrica ad eccezione delle placche di travertino e <<macco>> tra Cerveteri e Torre in Pietra, che avendo una elevata permeabilità e spessore sono caratterizzate da elevata potenzialità idrica.

Zona Orientale: il potenziale idrico è irrilevante tranne che nella zona a NE del lago di Bracciano ( Monterosi ) dove si ha una falda sospesa drenata da sorgenti che affiorano lungo il Treia ed i suoi affluenti ( sorgenti in alveo ). In questa zona le opere di captazione prelevano fino a 100 l/s.    

Studi condotti dal 1975 al 2004 per la valutazione del bilancio idrogeologico mostrano che il livello idrometrico del lago presenta oscillazioni annuali modeste al massimo di 1 m (corrispondente a 40x106 m3 di variazione di volume) che a causa della mancanza di un emissario perenne esprima in maniera diretta la disponibilità idrica del complesso.

A scala pluriennale si nota un trend tendenzialmente negativo con due periodi di crisi idrica alla fine del 1980 e del 2003 imputabili a prelievi artificiali dalla falda per uso potabile ed irriguo nella zona di ricarica ( circa 10x106 m3/anno di cui 1/3 ad uso potabile) e per prelievi diretti dal lago da parte della ACEA (mediamente 25x106 m3/anno). Inoltre nel bilancio influisce negativamente anche lo scarico della acque reflue, che non avviene più nel lago ma direttamente nel fiume Arrone, a valle dello specchio lacustre.

Il bilancio idrogeologico evidenzia una ricarica delle falda di circa 25x106 m3/anno di cui circa 15x106 m3/anno defluiscono nel lago (da progetto di ricerca PRIN “laghi 2003-2005”). I dati sono indicativi in quanto non coprono lunghi periodi di tempo. In generale, a parte il prosciugamento dell’Arrone, il bilancio del lago può essere mantenuto in pareggio se si regola la captazione delle acque sia per scopi potabili che da parte dell’ACEA. 

 

 

VICO

I complessi vulcanici Cimino e Vicano costituiscono un sistema avente una propria individualità idrogeologica. Il sistema ha una estensione di circa 900 km2 ed è costituito da rocce vulcaniche o vulcanoclastiche permeabili per porosità e fessurazione che danno luogo ad una esteso acquifero di base spesso da alcuni metri ad alcune decine di metri e più falde sospese. La falda di base ha un deflusso radiale centrifugo con recapiti principali verso i torrenti soprattutto a SE, ad W ed a N e travasi verso gli acquiferi adiacenti nel settore orientale verso i depositi alluvionali del Tevere (tranne nella parte nord orientale). Le acque orientali sotterranee alimentano i torrenti Biedano, Rigomero e Leia. Le trasmissività sono comprese tra 10-6 e 10-2 m2/s sintomo di notevole eterogeneità del mezzo e del complicato assetto giaciturale. I valori più elevati di trasmissività sono stati registrati nel settore sud orientale. Il flusso idrico sotterraneo ha una portata compresa fra 5 e 7 m3/s.

Il lago di Vico (circa 12 km2 di estensione e con 50 m di profondità max) rappresenta l’affioramento alto della falda di base dell’acquifero vulcanico. La piezometrica mostra che il lago a N è alimentato dalla porzione di acquifero corrispondente all’alto morfologico dei M.ti Cimini (2x106 m3/anno), ad W ,S ed E la falda è invece alimentata dal lago (almeno 7x106 m3/anno).

Questi flussi per la modesta superficie del lago hanno una non trascurabile influenza sul bilancio medio annuo (26%). Il livello, sempre a causa della piccola superficie, risente in maniera rilevante delle modalità di regolazione dell’afflusso dell’emissario.

La conducibilità idraulica dei suoli vicani è compresa tra 10-5 e 10-7 m/s.

Il bilancio idrogeologico del lago di Vico ha carattere preliminare in quanto mancano serie storiche aggiornate dei livelli del lago, dei deflussi dell’emissario e dei prelievi artificiali.

Quota media della superficie del lago: 510 m s.l.m.

Profondità max: 44m

Superficie media del lago: 12 km2

Superficie del bacino imbrifero (lago escluso): 28.84 km2  (x106=m2)

Superficie del bacino idrogeologico (lago escluso): 29.39 km2  (x106=m2)

L’area e caratterizzata dalla presenza di prodotti vulcanici e vulcanoclastici con differente grado e tipo di permeabilità sovrapposti ad un substrato poco permeabile di tipo sedimentario. A grande scala si riconosce un acquifero vulcanico multistrato con rendimento medio di circa 0.009 m3/s x km2. (Boni et Al. 1986) Nelle vulcaniti in realtà esiste un insieme di falde sospese difficilmente caratterizzabili e un acquifero di base che poggia sui sedimenti pliocenici e pre-pliocenici  con elevata potenzialità idrica. Le sorgenti più importanti si trovano ai limiti della struttura idrogeologica, nel basso corso dei torrenti che incidono radialmente il distretto cimino-vicano.

Il lago è dotato di un emissario sotterraneo artificiale realizzato molto probabilmente in epoca etrusca o romana e successivamente riparato e usato dai Farnese nel 1500. L’emissario da origine ad un corso d’acqua, il Rio Vicano, che confluisce nel fiume Treia, affluente del Tevere.

In generale si riscontra un adattamento dalla superficie piezometrica alla topografica. Nella zona N del bacino imbrifero si ha ingresso di acque sotterranee nel lago di Vico, anche dall’esterno del bacino stesso perché in tale porzione lo spartiacque sotterraneo non coincide con quello superficiale ma risulta arretrato. Nella zona S invece la direzione del flusso delle acque sotterranee mostra una alimentazione da parte del lago delle stesse ed in generale si riscontra una certa corrispondenza tra spartiacque sotterraneo e superficiale, anche se i dati a disposizione sono molto scarsi. La coincidenza tra spartiacque sotterraneo e superficiale è stata estesa anche per i settori W ed E del lago anche se in tali zone non sono presenti molti pozzi su cui effettuare misure.

Il bilancio idrogeologico è calcolato in base ai dati disponibili che coprono un periodo dal 1954 al 1996. In particolare si nota che nel 1958 il livello del lago si è bruscamente sollevato ma visto che non sono note le causa di tale fenomeno si preferisce ignorare i data precedenti al 1959. Inoltre il livello del lago tra il 1959 ed il 1996 si è mantenuto costante.

Precipitazioni su specchio del lago e bacino imbrifero: 1.065 m/anno (stazioni di Ronciglione, Viterbo, Caprinica, Soriano, Orte)

Evapotraspirazione reale su bacino imbrifero: 0.602 m/anno

Acque sotterranee che arrivano al lago dall’esterno del b. imrif. : 0.39x106 m3/anno

Evaporazione dallo specchio lacustre: 1.051 m/anno

Deflussi dall’emissario: 11.83x106 m3/anno

Emungimenti dal lago: 0.66x106 m3/anno

Il bilancio idrogeologico medio annuo mostra un sostanziale pareggio tra le entrate e le uscite di flussi idrici dal lago ( +2.2. e -2.2).

Il 50% delle risorse idriche del lago sono date dal ruscellamento idrico superficiale e dall’ infiltrazione nel bacino imbrifero, mentre il contributo delle acque sotterranee extra-bacino imbrifero è piuttosto esiguo ad indicare che non c’è molta differenza tra bacino imbrifero ed idrogeologico.

Il 44% delle uscite è rappresentato dai deflussi dell’emissario e dall’evaporazione dello specchio d’acqua, mentre le uscite sotterranee ed i prelievi non superano il 10%.

Il tempo teorico di rinnovamento del volume del lago è pari circa a 22 anni.  

 

 

Stazioni Pluviometriche in carta:

258- Vetralla

259- Ronciglione

260- Capranica di Sutri

261- Sutri

262- Nepi

263- Civita Castellana

296- Rota

297- Bracciano, gg piovosi 90, mm/anno 1231, metri s.l.m. 288

298- Campagnano di Roma

299- Formello

330- Sasso Furbara

489- Allumiere

 

Sorgenti più importanti in carta

306- 1 m3/s  (da fonti ACEA)  puntuale nei pressi del lago di Bracciano

321- 0.8 m3/s  in alveo da Mignone a Rota

291- 2.9 m3/s  in alveo nel Treja e da suoi affluenti

289- 0.85 m3/s  in alveo nel Fratta (anche da Sorgente Fabbrica di Roma)

288, 290, 1260, 308, 309, 293, 294, 295, 292, 300, 320 inferiore a 1m3/s. Molte con CO2 e altri gas.

 

Struttura Sabatina-Cimina-Vulsina ( Boni et Al. 1986 )

Infiltrazione efficace media annua: 280 mm

P media annua: 1010 mm

Q misurata: 19.6 m3/s

Q stimata: 11.9 m3/s

Q tot: 31.5 m3/s

Area: 3550 km2