Allocca Carmine, Arata Alessandro
- Note geologiche ed idrogeologiche del : MASSICCIO DEL GRAN SASSO.
Carta geologica: Carta Geologica d’Italia in scala
1:100.000 foglio 140 TERAMO. http://www.apat.gov.it/Media/carta_geologica_italia/tavoletta.asp?foglio=140
Figura
1 Veduta Del Gran Sasso dall'osservatorio - foto di
Carmine Allocca
Il Gran Sasso (o Gran Sasso d'Italia) è il più alto massiccio montuoso degli Appennini; è contenuto interamente in Abruzzo al confine fra le province dell'Aquila, di Teramo e di Pescara.
Confina a nord con i territori di Fano Adriano, Pietracamela, Isola del Gran Sasso d'Italia, Castelli e Arsita, a est con le Gole di Popoli, a sud è limitato da Campo Imperatore (e, oltre i contrafforti del Monte della Scindarella, del Monte Portella e del Pizzo Cefalone, dalla piana di Assergi), mentre a ovest-nord-ovest confina con i Monti della Laga e il Lago di Campotosto.
Il massiccio del gran sasso si estende per
un’area di circa 800 km2 con un’altitudine massima di
Gran parte dell’area del massiccio costituisce il nucleo del Parco
Nazionale “Gran Sasso- Laga”, riconosciuto come area
protetta dal 1991, che insieme ad altri due parchi
nazionali, un parco regionale e numerose riserve naturali regionali,
contribuisce a fornire alla Regione Abruzzo l’appellativo
di “Regione Verde d'’Europa”.
Il massiccio del Gran Sasso rappresenta il settore più settentrionale
della piattaforma carbonatica laziale-abruzzese.
La successione meso-cenozoica presenta una serie
tipica di transizione al bacino, costituita da litotipi
carbonatici (calcari e calcari dolomitici),
depositatisi a partire dal Lias
(Giurassico inferiore) in aree di alto strutturale ed in aree di bacino, dove
prevalgono rocce marnose ed argillose. A seguito dello
scavo effettuato per completare il traforo del Gran Sasso è stato possibile
ricostruire la sua struttura, che si presenta come una successione di unità
tettoniche sradicate dal substrato e formatesi a seguito della traslazione
subita dal massiccio lungo la superficie di scorrimento. L’effetto della
traslazione è visibile sul fronte della linea di sovrascorrimento, appaiono gli
strati di calcari e marne rovesciati. In altre parole è come se le rocce giurassiche più compatte e rigide hanno trascinato e
rovesciato le rocce più recenti cretacee oligoceniche,
eoceniche e mioceniche.
Figura
2 Sezione geologica con le
faglie principali ed il piano di sovrascorrimento
L’acquifero carbonatico risulta formato da una
serie di bacini intercomunicanti, confinati lateralmente da litotipi
impermeabili. All’interno della struttura si possono individuare spartiacque
secondari, corrispondenti a discontinuità tettoniche o stratigrafiche (Celico 1983), che ostacolano ma non impediscono la
comunicazione idraulica sotterranea. La struttura idrogeologica del Gran Sasso
si può quindi definire come un unico acquifero di tipo compartimentato.
L’infiltrazione efficace è stata misurata in circa 800 mm/anno (Boni et alii, 1986),
molto alta rispetto ad una precipitazione media sul
massiccio di circa 1.200 mm/anno. A questo proposito, bisogna segnalare che le
precipitazioni hanno subito a partire dalla fine degli
anni ‘80 un deciso decremento, che ovviamente ha causato corrispondenti
diminuzioni dell’infiltrazione e di conseguenza delle portate erogate dalle
sorgenti. In ogni caso i valori alti di infiltrazione
risultano dovuti a tre fattori principali: elevato indice di fratturazione delle rocce carbonatiche
fenomeni di dissoluzione carsica e caratteri climatici. Sotto tale profilo si
ritiene rilevante la presenza della vasta depressione tettonico-carsica
di Campo Imperatore, ad una altitudine di m 1.700 circa.
Figura 3 Foto del Gran Sasso con schematizxzazione delle strutture principali
Vi sono 12 gruppi di sorgenti, con una portata media complessiva di
circa 20 m3/s: cinque gruppi
sono ubicati sul versante settentrionale del massiccio, ad un’altitudine
maggiore di m 1.000 e con una portata di soli 2 m3/s. Sette gruppi
risultano disposti sul versante meridionale, ad un’altitudine inferiore a m 650
e con una portata complessiva di 18 m3/s, cui va sommato il
contributo della sorgente di Capo Pescara (7 m3/s), in parte
alimentata dall’acquifero del M.Sirente (Massoli-Novelli et alii,
1999).
Figura
4 Escursionista Zis scala il Gran Sasso - foto di Marco Mampieri
Dal punto
di vista geomorfologico sono molto abbondanti le forme glaciali quali circhi
(forma residua che testimonia la presenza in passato dei ghiacciai), morene
(depositi glaciali solitamente mal classati), valli glaciali (sono valli dalla
tipica forma ad U create dall’azione erosiva del
ghiacciaio in movimento).
Queste
forme sono testimoni delle ultime due glaciazioni (Günz
600.000 anni fa e Würm 10.000). Alla glaciazione würmiana risale il ghiacciaio del Calderone esteso per
circa
Antropizzazione: “il traforo del Gran Sasso d’Italia”
Nell’estate
del 1980, dopo 11 anni di lavoro, è stato inaugurato
il traforo. Per la sua realizzazione furono scavati quasi
Geologicamente parlando, la perforazione delle gallerie ha creato
notevoli problemi, dovuti alla natura geologico-strutturale
del massiccio, formato in prevalenza da calcari e marne, che si presenta fortemente tettonizzato e
carsificato. Le conoscenze geologiche di superficie
sono state integrate, prima della perforazione dei tunnels,
dall’esecuzione di soli tre sondaggi profondi (ANAS 1980).
Il massiccio del Gran Sasso si presenta fortemente fagliato al suo interno, la superficie di tali faglie può
essere caratterizzata da rocce milonitizzate e cataclasate, le quali possiedono
un basso indice di permeabilità e che rappresentano pertanto degli acquitard (permeabilità minore dell’acquifero di circa due
ordini di grandezza).
Durante la realizzazione del traforo è stata attraversata una di questa superfici, questo ha causato lo svuotamento della
parte superiore dell’acquifero all’interno della galleria con portate comprese
tra i 60 l/s e i 4500 l/s. Oltre all’acqua si sono riversate nella galleria
ingenti quantità di sedimenti (
L’acqua drenata dal traforo del Gran Sasso e portata all’esterno
con una serie di opere idrauliche ammonta a circa 2,5 m3/s. Questa
elevata quantità di acqua pur essendo in parte destinata all’uso idropotabile, ha determinato la diminuzione di portata principalmente
delle sorgenti d’alta quota e in parte di tutte le sorgenti alimentate dal
massiccio. il traforo ha determinato dunque una
variazione dell’equilibrio idrogeologico tuttora in evoluzione.
All’interno
del massiccio del Gran Sasso ed adiacente alle due
gallerie autostradali esiste un importante Laboratorio dell’INFN (Istituto
Nazionale di Fisica Nucleare). Qui si svolgono importanti ricerche sulla fisica
delle particelle, proprio per la presenza di una copertura di circa
È stato
elaborato un progetto di ampliamento del Laboratorio e di costruzione di una
terza galleria, prevista al disopra delle due esistenti, della lunghezza di
Considerando
gli studi idrogeologici finora eseguiti, si ritiene che l’impatto idrogeologico
della terza galleria influirà minimamente sull’idrogeologia perché questa
galleria verrà realizzata al di sopra di quelle
preesistenti, quindi in una zona già drenata dai tunnel. L’opera sarebbe utile
al fine di prevenire i possibili incidenti in galleria, che sono ad alto
rischio per percorsi tanto lunghi, come nell’incidente del Monte Bianco.